Come possono le neuroscienze aiutare a prendere decisioni migliori?

Nessuno è immune da errori in quanto questi sono parte integrante dell’attività lavorativa di tutti i giorni.

 

Formazione
04 feb 2021
-
Tempo di lettura: 5 min
Decisione

Jack Welch, storico Ceo della General Electric, intervistato a proposito di come fosse diventato un manager tanto capace, rispose: «Prendendo le giuste decisioni». Alla replica del giornalista su come avesse fatto a imparare a prendere le decisioni giuste disse lapidario: «Prendendone di sbagliate».

Nessuno è immune da errori in quanto questi sono parte integrante dell’attività lavorativa di tutti i giorni. È stato poi dimostrato che spesso prendiamo delle decisioni che vanno contro il nostro stesso interesse!

Anche l’assenza di una decisione (per paura di sbagliare) può condurre a risultati non graditi.

Purtroppo la nostra prima reazione quando confrontati ad un insuccesso è quello di cercare il “colpevole” da punire. Questa demonizzazione dell’errore in azienda porta le persone a considerarlo come qualcosa da evitare assolutamente in quanto percepito come potenziale minaccia. Una ricerca pubblicata qualche tempo fa da HBR ha dimostrato come la maggior parte delle persone, anche nelle aziende di successo, sprechi tempo ed energie nel tutelare la propria reputazione, cercando di mostrare il meglio di sé e coprendo i propri sbagli.

La ricerca del capro espiatorio ci rassicura nella pericolosa quanto (spesso) sbagliata illusione che le decisioni sbagliate vengono prese da cattivi decisori e che quindi basta sostituire il capitano per evitare di colpire l’iceberg.  Ma come facciamo ad essere sicuri che nella stessa situazione un’altra persona avrebbe preso una decisone diversa? Le neuroscienze ci insegnano che l’errore è insito nella natura umana. Diverse ricerche hanno evidenziato che esistono addirittura delle categorie di decisioni che generano non solo errori frequenti ma anche prevedibili. In quelle categorie l’errore è una costante. Non ha niente di aleatorio. Le persone, e quindi le aziende, replicano gli stessi errori fin quando non comprendono i meccanismi che li generano.

Questo ci porta ad un cambio di paradigma: spesso non abbiamo cattivi manager ma buoni manager che prendono decisioni sbagliate.

 

Ma perché sbagliamo?

Le persone tendono a fare degli errori irrazionali in modo ripetitivo e prevedibile.

Daniel Kahneman premio nobel dell’Economia 2002 assieme a Vernon Smith per gli studi sui processi decisionali ha dimostrato come le scelte fatte violino sistematicamente i principi della razionalità economica. La mente umana è soggetta a bias cognitivi o errore di giudizio.

Le loro ricerche li condussero a comprendere che la razionalità umana viene ostacolata da distorsioni del giudizio (bias cognitivi) che portano a errori sistematici nel momento in cui occorre dare una valutazione, esprimere un giudizio o prendere decisioni. In altre parole la nostra mente spesso ci fa incappare in queste trappole che ci portano a fare scelte irrazionali senza accorgersene..

I bias derivano quindi dalla tendenza che la nostra mente e il nostro cervello hanno ad acquisire informazioni e ad elaborarle (tramite il ragionamento e pensiero) utilizzando un numero limitato di regole. Il bias cognitivo nasce come conseguenza dell’applicazione di un’euristica, cioè delle approssimazioni (di stima, di ragionamento e di calcolo ecc) che la nostra mente automaticamente produce al fine di ridurre la complessità dei problemi. In altre parole sono delle scorciatoie di pensiero che ci permettono di semplificare la realtà e al tempo stesso di averne una rappresentazione tutto sommato coerente, che abbia significato per noi.

Anche se i bias cognitivi sono fondamentali nella fase evolutiva della specie umana in quanto permettono di “semplificare” il mondo circostante, a volte hanno la capacità di alterare, in alcune situazioni, la nostra capacità di giudizio.

Daniel Kahneman, nel suo famosissimo libro Pensieri lenti e veloci (Thinking, Fast and Slow), spiega come il cervello umano funziona sulla base di due sistemi correlati:

  • Il sistema 1,ovvero la parte automatica, irrazionale, subconscia, veloce; è la parte più antica del cervello. É sempre acceso, non lo controlliamo, ed è emozionale, intuitivo, impaziente ed impulsivo. Può svolgere più compiti nel medesimo tempo usando poca energia. E’ il cervello che dà immediatamente senso a qualsiasi cosa che ci viene proposta, e viene influenzato molto facilmente.
  • Il sistema 2,ovvero la parte controllata, razionale, lenta; è la parte relativamente più recente del cervello. È consapevole, metodico e cauto. Non può occuparsi di più processi al medesimo tempo in quanto è lento e energivoro. Inoltre non è in grado di controllare in modo decente il Sistema 1.

In una situazione normale, il Sistema 2 – ovvero quello razionale – se opportunamente incentivato, può riuscire a prendere il sopravvento sul Sistema 1 – irrazionale. Ma in presenza di un eccesso di informazioni, il cervello primitivo (sistema 1) prende il sopravvento mentre il cervello razionale rimane in stallo. Inoltre, quando domina il cervello primitivo ci sono molti fattori emotivi che influenzano le nostre decisioni e di cui non siamo minimamente consapevoli!

Questo spiega perché facciamo scelte sbagliate.

 

E quindi, che cosa possiamo fare per commettere meno errori?

Le scienze comportamentali (Economia e Psicologia comportamentale) ci forniscono una griglia di lettura indispensabile per comprendere i nostri errori e migliorare la presa di decisione. Ci insegnano che i nostri errori sono prevedibili in quanto seguono sempre lo stesso pattern: siamo irrazionali in modo prevedibile. Conoscere i bias cognitivi permette quindi di comprendere la possibile direzione degli errori che verranno commessi in azienda. Per quanto non sia possibile cancellare o correggere i bias (sono un bagaglio innato di tutti gli esseri umani, siamo inconsapevoli di come e quando agiscono nel nostro cervello) questi possono essere gestiti nelle dinamiche aziendali. Non possiamo gestire i nostri bias personali ma possiamo riconoscere e correggere quelli degli altri. Ne deriva che l’unico modo per prendere decisioni migliori, evitando l’impatto dei bias nella generazione dell’errore, è quello di utilizzare la capacità di ogni membro del team di riconoscere i bias che vengono agiti nelle diverse situazioni.

 

Gli errori non vanno quindi demonizzati in quanto sono inevitabili. Vanno accettati come un ingrediente del processo decisionale. Bisogna guardare all’errore in un’altra prospettiva - da problema a opportunità di crescita – per l’azienda, il manager e la persona.

Autore
Sheyla  Rega
Sheyla Rega
Partner Lody Srl e docente di Formazione Manageriale per Servizi Confindustria Bergamo
Torna ai commenti
Lascia un commento