Qual è la situazione attuale?
Le conseguenze della pandemia - problemi logistici e di forniture, ripresa della domanda, questioni geopolitiche e altro - hanno portato ad aumenti di prezzo in molti settori.
Per molte aziende questa è una situazione mai vista: materie prime che non si trovano o a costi altissimi, margini in calo, necessità di rivedere i contratti, fatica nel trasferire ai clienti gli inevitabili ritocchi ai listini, il tutto amplificato da condizioni emotive emergenziali.
Una sorta di “tempesta perfetta” in cui è cruciale avere un metodo per tamponare la situazione e salvaguardare i profitti e persino la sopravvivenza stessa dell’azienda; un metodo di cui il Pricing è una parte importante.
Infatti, se aumentano i costi di materiali, energia e trasporti, la prima e più intuitiva manovra è quella di trasferire gli aumenti al cliente alzando i prezzi; ma con quali criteri? Su quali prodotti o servizi? E con quali clienti possiamo permetterci un aumento importante, e quali rischiamo di perdere, magari per sempre, con un approccio troppo deciso? Quando invece è il caso di assorbire gli extra-costi? E a monte di tutto ciò: da quanto tempo non rivediamo i prezzi, e con quale regolarità controlliamo che i costi standard utilizzati come base per il calcolo dei prezzi siano poi quelli effettivi?
Se sono la persona che definisce prezzi e condizioni commerciali, cosa posso fare quando i costi schizzano in alto? A queste domande diamo risposta nel percorso manageriale in partenza.
Se invece sono il Buyer e mi occupo di Acquisti, come posso gstire al meglio questa situazione mai vista prima?
Oggi i costi complessivi (variabili e fissi) delle aziende crescono principalmente per questi fattori:
- Materie prime (commodities e componenti)
- Fonti di energia (gas, petrolio ed energia elettrica)
- Costi logistici (la cui trattazione meriterebbe un capitolo a sé)
La funzione acquisti è dunque all’improvviso sotto grande pressione, mentre ha sempre avuto un ruolo piuttosto marginale nelle decisioni aziendali fino ad essere vista come un mero gestore operativo di ordini, per “portare a casa sconti e condizioni” dai fornitori sulla base di decisioni prese altrove. La merce e le risorse si trovavano facilmente e i fornitori “facevano la fila” per essere ascoltati, e quello del Buyer era visto come un lavoro tutto sommato semplice, poco specializzato.
La "nuova" figura del Buyer
Oggi invece la situazione richiede competenze più sofisticate: per gestire in modo ottimale questo momento critico, il Buyer dovrebbe essere uno specialista che conosce la configurazione dei costi del fornitore e la filiera di creazione del valore, dalle materie prime fino al prezzo della merce scambiata. Dovrebbe saper classificare e qualificare il fornitore, conoscerne le caratteristiche rispetto allo specifico mercato. E grazie a queste competenze, dovrebbe essere in grado di intervenire e discutere sulle proposte del fornitore (perché ne conosce i driver di costo), sapere come e dove trovare la merce che ora scarseggia perchè si è fatto un piano di rischio nel caso di problemi con i fornitori abituali per consegna, qualità, reputazione.
Questo “nuovo” Buyer valuta la richiesta di acquisto del referente interno, ne comprende il fabbisogno e sostiene uno scambio dialettico, cioè ne interpreta e indirizza la scelta. Vero, la funzione acquisti non decide, ma aiuta a decidere; è presente per valutare la complessità di fornitura, la continuità, la qualità e il valore intrinseco di ciò che acquista, i servizi integrati delle nuove proposte di mercato, e porta dunque un contribuito importante all’intera catena del valore.
In questo momento storico, in azienda non serve un Buyer meramente transazionale (quello che fa le trattative e “tira il collo ai fornitori”), ma un professionista capace di relazionarsi con loro in modo da trovare un accordo, oltre ad essere un esperto di prodotto. Anche perché, se prima i fornitori “facevano la corte” al buyer, ora la situazione è spesso capovolta.